L’improcrastinabile esigenza di una Rivoluzione Culturale
Mai come questa volta si sente, forte, fortissima, l’esigenza di una epocale azione sociale e culturale in grado di scardinare una egemonia deleteria della sinistra che dal dopoguerra a oggi è penetrata in profondità, nei gangli del potere, firmando un patto sciagurato con la Democrazia Cristiana, accondiscendente nel lasciare determinati settori al PCI che ne ha fatto feudi impenetrabili ove imperversare.
Il settore forse più delicato in questo senso è sicuramente la Cultura, tanto che dopo decenni di intollerabile dittatura non solo ideologica, filosofica e culturale ma anche gestionale e organizzativa si è verificato un fenomeno odioso e illegittimo per cui in tale settore hanno trovato spazio solo artisti di sinistra, che hanno occupato teatri, cinema, musica non solo intesi come spazi virtuali ma anche come luoghi fisici.
Ciò ha generato negli anni un divario oceanico (di visibilità e accessibilità) tra la Cultura di sinistra e quella di destra, al punto che si è generata l’assurda ma concreta credenza che la destra non avesse Cultura o, al massimo, ne avesse una di serie B.
Tale fenomeno, coltivato e alimentato con dovizia, ha infuso nel sistema arterioso del Paese tutta una serie di conseguenze che con gli anni si sono incancrenite.
Oltre al mero impedimento per un artista di destra di trovare spazio e quindi semplicemente di lavorare (cantare, scrivere, suonare, recitare, eccetera) una delle conseguenze peggiori di tale tirannia culturale è stata l’assurgere a verità incontestabile dell’ideologia di sinistra, espressa attraverso l’arte tout court, una verità talmente incontestabile da ammantarne i rappresentanti di una sacralità che li ha resi intoccabili e infallibili.
Un esempio su tutti, ma se ne potrebbero fare a decine, fu negli anni di piombo, il “Soccorso Rosso militante” di Dario Fo e Franca Rame, vera e propria organizzazione politica, nata ça va sans dire dal Collettivo teatrale La Comune con la quale si sostenevano economicamente, giuridicamente, moralmente, terroristi, assassini e militanti comunisti non perché innocenti ma perché “compagni”, come nel caso del “Rogo di Primavalle” ove morirono bruciati i fratelli Mattei o anche quando fu pubblicato un libro (Soccorso Rosso Brigate rosse- che cosa hanno fatto, cosa hanno detto, che cosa se ne è detto Feltrinelli, 1976, 293 pp.) nel quale si prendevano le parti dei brigatisti rossi.
Insomma una società nella quale una parte politica deteneva il monopolio della verità, potendo così dire tutto e il contrario di tutto, avendo sempre ragione, dal momento che gli avversari erano “fascisti” non perché effettivamente tali ma semplicemente perché non contigui alla ideologia dominante.
Ecco perché ancora oggi è fondamentale per la sinistra tenere vivo l’antifascismo, sbandierarlo spacciandolo come un’emergenza nonostante sia un pericolo inesistente, perché non si perda quella sorta di potere di banno (concetto medievale) che vogliono mantenere su ogni questione, in ogni campo.
Questo perché essendo stata la loro l’unica voce, l’unica verità, l’unico pensiero dal dopoguerra a oggi, mal sopportano la scoperta che anche a destra ci siano filosofi, pensatori, uomini di Cultura, cantanti, attori, scrittori, artisti insomma e che, a fatica e dopo anni di sofferenze, reclamino lo stesso spazio e la stessa libertà di pensiero e di accessibilità alla ribalta.
Tale possibilità, ancora farraginosa e tutt’altro che completa si è resa possibile dopo l’implosione del comunismo, che ha messo a nudo il re, nonostante i suoi discepoli fossero e siano ancora oggi più realisti di lui.
La strada è ancora impervia ma per lo meno è tracciata.
Qual è la difficoltà maggiore?
È una società che è stata instupidita da decenni di propaganda più o meno subdola, più o meno visibile che ha instillato nel pensiero comune che a destra c’è il male, comunque, e a sinistra si è sempre nel giusto, comunque.
Ecco perché l’impresa di Giorgia Meloni è epocale e ancor più imponente è la capacità con la quale sta picconando decenni di falsi miti inoculati a tutti i livelli della società.
Ma c’è ancora tanto da fare. Ecco perché è un fardello che va condiviso e la Meloni deve farlo con gli uomini di Cultura di destra, ai quali va concesso lo spazio che legittimamente spetta loro e che è sempre stato loro negato.
I danni dell’egemonia di sinistra nella Cultura sono tutt’oggi evidenti.
Gran parte dei media sono nelle loro mani, la televisione pubblica che dovrebbe essere l’imparzialità per eccellenza pullula di peones che la piegano ai loro voleri e fanno ignobilmente propaganda politica con i nostri soldi.
È evidente poi la disparità di libertà d’azione dei due fronti. Retaggi di questi ultimi decenni fanno sì che faccia scandalo l’occupazione di un sito da parte di giovani di destra e se ne chieda lo sgombero forzato, mentre si ritenga sacrosanto e legittimo lo stesso atto, compiuto, cento volte di più, dai giovani della sinistra.
La stessa azione se compiuta da una parte è “fascista”, sbagliata, violenta ma se commessa dall’altra è legittima e rappresenta mero esercizio della libertà.
Studenti di sinistra possono assaltare università, scuole, aule magne, e tutto ciò che vogliono perché possono farlo, giungendo persino a vietare la parola a chi non la pensa come loro.
Ma basta una scazzottata nella quale sono coinvolti ragazzi di destra (poi si scoprirà neanche colpevoli d’averla iniziata) per far scendere in piazza migliaia di rivoluzionari da salotto al grido di “… ammazzare un fascista non è reato” e inneggiando a Tito e alla sua “sacrosanta” pulizia etnica delle foibe.
Il tutto strombazzato ai quattro venti dai soliti media compiacenti, pubblici e non.
Ma la cosa più disgustosa è ascoltare masse di ignoranti che vanno dai liceali agli artisti affermati, dimostrare contro non un atto di violenza o comunque deplorevole bensì occupare una scuola o dichiarare pubblicamente il proprio sdegno e inneggiare alla rivolta perché democraticamente ha vinto la destra, passando per le elezioni, quindi voluta dal Popolo.
Risuona ancora nelle mie orecchie la liceale di Milano che spiegava l’occupazione della scuola “per contrastare la vittoria alle elezioni della Meloni”.
Siamo al paradosso: un atto illecito (l’occupazione) per contestare un atto lecito (l’elezione popolare della Meloni). Per difendere la democrazia...
Per non parlare dello striscione con il Primo Ministro raffigurato a testa in giù.
E questa è la nostra gioventù…
E si potrebbe andare avanti parlando dei parlamentari che visitano onorandolo, un terrorista anarchico e s’incazzano perché scoperti.
O che accusano di strage di Stato un governo appena insediatosi e senza responsabilità per il naufragio di Cutro, dopo che l’OIM ha reso noto che negli ultimi dieci anni (con la sinistra costantemente al governo, tra l’altro senza essere eletta…) i morti in mare sono stati 26.000!
Forti della supremazia culturale che li ha fatti “ungere dal loro Signore” e resi infallibili si possono permettere di accusare di ogni nefandezza l’avversario anche se i veri responsabili sono loro.
Si possono permettere di fregare il Popolo Italiano con i Soumahoro, con i trolley pieni di soldi, con le Carola Rackete, con i Palamara e compagnia cantante perché tanto tutto passa in cavalleria.
Basta!
Il campo di battaglia deve essere la Cultura, non si abbia timore di affrontarli proprio lì!
Ma ciò che serve è avere pari opportunità.
La destra “fascista” che “mette tanta paura” non deve fare come loro, riducendo al silenzio gli avversari, deve semplicemente dare spazio ai propri rappresentanti, perché spazio non ne hanno mai avuto.
Una Rivoluzione Culturale appunto.
Poi ce la vedremo sul campo, ciò che serve è far sentire la propria voce.
Fino a oggi ha dominato culturalmente la sinistra non per una superiorità scaturita dal confronto e quindi dimostrata ma semplicemente perché “il pallone era il loro e giocava solo chi dicevano loro”.
Già su questo siamo superiori: noi vogliamo due squadre e un pallone.
E vinca il migliore.
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