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Scuole chiuse fino a dopo Pasqua

La decisione del primo cittadino di Ladispoli


Riceviamo e pubblichiamo


A quanto pare le anticipazioni sul cambio di fascia della Regione Lazio sono state confermate. Pertanto, a partire dal 30 marzo, rientreremo in zona arancione.

Ciò nonostante, come già anticipato nei giorni scorsi, vista l’attuale situazione dei contagi, ritengo opportuno mantenere in vigore alcune disposizioni per contenere la diffusione del virus, almeno fino a dopo Pasqua.

Con l’ordinanza sindacale pubblicata ieri è stata estesa fino al 5 aprile la chiusura dei parchi pubblici, dei campi sportivi all’aperto e il divieto di utilizzare le attrezzature da gioco per bambini in tutte le aree attrezzate.

Inoltre, nei prossimi due fine settimana, compreso il giorno di Pasquetta, è vietato l’accesso su tutti gli arenili pubblici, i bar dovranno cessare la vendita da asporto alle ore 14:00 e i negozi che vendono generi alimentari nei giorni 4 e 5 aprile potranno aprire nella fascia oraria compresa tra le ore 7:00 e le ore 14:00.

Anche sul fronte scolastico ci sono delle novità.

Con l’ingresso del Lazio in zona arancione è prevista la ripresa della didattica in presenza per asili, elementari e medie, che per la prossima settimana sarebbe comunque limitata ai soli giorni di martedì 30 e mercoledì 31 marzo. Dal 1° al 6 aprile,infatti, tutti gli studenti rimarranno a casa per le vacanze di Pasqua.

Personalmente sono sempre stato favorevole all’apertura delle scuole, che ritengo fondamentale. Ma viste le circostanze, e considerando che la riapertura sarebbe limitata a soli due giorni della settimana, reputo più prudente attendere qualche giorno in più, per poi riprendere le lezioni in presenza direttamente dal 7 aprile.

Quindi vi anticipo che nelle prossime ore provvederò a pubblicare un’apposita ordinanza per posticipare a questa data la riapertura di tutti plessi scolastici.

Auspico infine che il buon senso prevalga e che il comportamento di ciascuno sia vigile e responsabile, affinché non siano più i nostri figli, insieme alle classi sociali più fragili e alle attività lavorative, a pagare il prezzo più caro di questa terza ondata.

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