Il mondo onirico tra Dalì e Füssli
“Dopo un lungo rivoltarsi, finalmente s’addormentò, e cominciò a fare i più brutti e ingarbugliati sogni del mondo.” Cosi iniziò Alessandro Manzoni nel suo più celebre romanzo per narrare l’incubo che afflisse Don Rodrigo nella notte in cui fu, poi, caricato sul carro dei monatti.
Il mondo notturno e quello onirico, nel romanticismo, sono stati un argomento di fortissimo interesse; ma anche un secolo dopo, il surrealismo, è andato a fondo alla questione dei sogni e della loro origine. Nella cultura di massa, possiamo dire che è stato, da sempre, un tema al centro di studi e dibattiti; dopotutto, i sogni sono nati insieme all’uomo.
Parliamo di un argomento molto ricco e spigoloso, spesso oggetto di accese discussioni sulla sua stessa natura. Le varie scuole di pensiero ne danno le motivazioni più disparate, c’è chi si pronuncia dandone un valore esoterico, chi lo definisce un messaggio del nostro stesso subconscio; chi lo considera una suggestione del mondo immateriale, visioni di vite precedenti. Chi, semplicemente, il risultato di una dieta serale poco avveduta; ma in questa coreografia di teorie, tra scienza, folclore e suggestioni personali, si sono distinte opere d’arte degne di grande ammirazione. Manifestazioni pittoriche che possiamo definire più che sognanti. Deliranti.
Si noti come, probabilmente, “Il sogno causato dal volo di un’ape” di Salvador Dalì, nel 1944, possa essere stato, ispirato creativamente da “L’incubo” di Füseli, dipinto del 1781.
Analizzando il dipinto di Dalì oltre l’elefante dalle zampe di ragno sistemato sul fondo, che è un’immagine ricorrente del pittore e, che riterrei degna di un articolo a se dedicato; troviamo un susseguirsi di visioni che irrompono nella scena generandosi le une dalle altre, proprio come nei sogni, senza un nesso logico apparente. Un melograno che genera un pesce, e dalla sua bocca escono due tigri; i due felini proseguono la trasformazione diventando un fucile, la cui baionetta va a pungere il braccio della dormiente. Le immagini scelte da Dalì sono, sicuramente, frutto di una fantasia molto influenzata da concetti legati alla psicologia del sogno. Si tenga conto che il 900 è il secolo della psicanalisi, e molto probabilmente nel 1944, il pittore, sull’ondata freudiana decise di esplorare il mondo onirico nella sua essenza dipingendolo in prima persona.
Andando a vedere la seconda opera, “l’incubo”, troviamo, sicuramente delle analogie costruttive con il dipinto precedente, ma espresse in una chiave diversa, maggiormente fedele alla "moda” del tempo di Füssli. Uno stile transitorio tra il romanticismo e il neoclassicismo, condito da visioni che sono frutto di un folclore nord europeo e anglosassone. Il soggetto è una donna dalle chiare fattezze neoclassiche, probabilmente un omaggio a Marcantonio Raimondi e alla sua “Arianna addormentata”, che giace stesa in una posizione del tutto innaturale. La fanciulla è accompagnata da figure spettrali: un cavallo dagli occhi spiritati che fa capolino da dietro una tenda, e un essere umanoide che siede sul petto della dormiente. Chi sono questi “audaci” disturbatori notturni? Il titolo originale “The Nightmare”, ci dice già tutto di quest’opera: nell’etimologia della parola, “Night” significa notte, e “Mare” vuol dire “cavallina”. Ergo, l’incubo secondo la leggenda anglosassone, è una cavallina, che, nottetempo, porta un mostriciattolo a disturbare la quiete del sonno. Tanto assurdo quanto vero. Andiamo più a fondo. Nella tradizione Europea, soprattutto anglosassone, è presente un folto sottobosco di creature mitologiche legate al “piccolo popolo”, un mondo fatto di elfi, fate e folletti; il nostro molestatore del sonno è una sorta di Goblin che con il suo peso disturba la donna provocandone respirazione difficoltosa, fenomeno conosciuto come “apnea notturna”. Questo strano personaggio non esiste solo nella tradizione nord europea è presente anche in quella Italiana, soprattutto nella cultura contadina Toscana. Trattasi, appunto, di un ospite indesiderato notturno, famoso per far imbizzarrire gli animali nelle stalle; ma, principalmente, famigerato per sedersi sul petto delle donne dormienti proprio per infastidirne il riposo. Guarda caso, come nella tela in questione. Il pittore, in prima battuta, non fu convinto della buona riuscita della sua opera, e la vendette per un prezzo ridicolamente basso. Il dipinto, invece, conseguì un successo tale nel pubblico che il maestro Füssli decise di dipingerla ancora, ma cambiandone leggermente i soggetti. Quest’opera continua ancora oggi a incuriosire, emozionare, spaventare, proprio perché utilizza simboli che sono percepiti come segnali di pericolo, soprattutto se presenti in una condizione umana indifesa come il sonno. Con quasi due secoli di distanza Füssli e Dalì ci hanno raccontato pittoricamente la loro visione del mondo onirico, in una chiave creativa da una parte surrealista, che definirei psichedelica, e una chiave romantica, più noir, definitivamente horror. E se l’horror, come diceva il grande Lucio Fulci, non è altro che liberazione, anche in questo caso, possiamo asciugarci la fronte e dire: “Menomale, è stato solo un incubo.”
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